Ciao Stefano.

“C’è un impoverimento culturale che si fa sentire, la cattiva politica è figlia della cattiva cultura”

S. Rodotà.

Addio maestro ed ispiratore.

 

Era nato a Cosenza il 30 maggio del 1933, negli anni del fascismo. Il padre, insegnante di matematica di origine albanese poi iscritto al Partito d’azione insegnava alle medie, dava ripetizioni a Giacomo Mancini, il futuro leader socialista; uno zio divenne segretario locale della Dc. La politica, insieme allo studio, è sin da subito una passione divorante. Nel 1953 approda a Roma per laurearsi in legge. Dice no a un’offerta di Adriano Olivetti, che lo vorrebbe con sé ad Ivrea, e che gli accrediterà comunque, come sostegno per i suoi studi, 300 mila lire sul conto corrente. Prima dei quarant’anni è già ordinario, insegna diritto civile alla Sapienza, ma l’impegno accademico è sempre intrecciato con quello politico; milita nei Radicali, scrive sul “Mondo” di Pannunzio  – a 22 anni il primo articolo finisce in prima pagina – dopo che da ragazzo aspettava ogni settimana impaziente l’uscita del numero in edicola. E’ Elena Croce, la figlia di Benedetto, nel cui salotto conosce Klaus Mann e Adorno, a introdurlo. “Non c’è un giorno nel quale non abbia preso un libro in mano”, dirà. E’ tra i primi professori a scrivere regolarmente sui giornali, sin dai primi anni Settanta, quando le tribune dei giornali erano scansate dagli accademici

Rodotà in qualche modo è sempre stato moderno. A 80 anni si scopre star del web. Parla ai giovani. Nel 2013 i Cinquestelle lo candidano alla successione di Napolitano. Il tifo per lui “Ro-do-tà -Ro-do-tà”, risuona a Montecitorio, lo votano anche Sel e alcuni del Pd; poi Grillo, con un atto volgare dei suoi, lo definirà “un ottuagenario miracolato della rete”. Viene rieletto Napolitano. Sposato da più di mezzo secolo con Carla, collaboratrice di Repubblica, due figli, Carlo e Maria Laura, una delle firme del giornalismo italiano, ha quindi attraversato questo nostro tempo con una profonda curiosità e spirito civile. “Il mio narcisismo l’ho consumato in tutte le cose che ho fatto. Ora mi sento pacificato”, disse tempo fa ad Antonio Gnoli. La sua voce, mai accomodante, mancherà.

fonte Repubblica.it


 


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